Episodio 6 | Trasloco, brunch e l'ora di ginnastica ("etnica")
Sono passata a Substack. Quando ho pensato di cominciare questa newsletter di “scarti professionali alimentari” ho scelto Mailchimp. E ho sbagliato. Me lo ha detto Alessandro Mininno di Gummy Industries che fa la newsletter Click this week su Mailchimp (?!?!). Ma se te lo dice lui, ti fidi. E così ho traslocato tutto ma per voi non cambia niente, a parte che spero la newsletter ora si legga meglio. Se avete consigli non richiesti pure voi, fate come lui.
Brunch sucks, I know
Non ho mai amato molto il brunch, anche perché per anni della mia vita l’idea di svegliarmi, alzarmi, essere presentabile alle 12 di domenica sarebbe somigliato più ad un incubo che altro. Ora che tecnicamente sarei in grado di farlo, a spaventarmi sono i pancake fatti con il preparato o il salmone affumicato a siringate. Eppure piace. Ma per me ha ragione questo articolo di Eater che mi ha letto nel pensiero “It’s long been established that chefs hate brunch. Anthony Bourdain railed against it, the New York Times said it was for jerks”. Ma poi spiega bene anche i motivi economici della scelta, di come in America la moda è dilagata negli anni Ottanta (da noi chi si ricorda le tazze rosse Nescafè nei primi 2000?). Se ne trovate uno buono, accettasi consigli. Io segnalo quello di Daniel Canzian, ma in realtà sogno un format “bottomless Mimosa”.
Meglio pane e salame, o un pezzo di formaggio
Ad una recente cena stampa con catering imbarazzante mi sono chiesta per due ore perché non avessero servito semplicemente i prodotti tipici di quella zona. Sceglievano i migliori salumi, formaggi, quello che avevano e ce lo facevano assaggiare, nature, piuttosto che stuprarlo in una cucina da campo. Qui una giornalista di Bon Appètit propone proprio di farlo con un format di ristoranti che servano pezzi di formaggio e contorno. Mi viene da pensare che a sto punto sto a casa, ma keep it simple è comunque sempre un buon consiglio. Un mio ex effettivamente mi ripeteva sempre “meglio pane e salame”, che voleva dire che gli sforzi gastronomici che a volte (all’epoca anche io) proviamo a fare per far piacere agli altri sarebbero più felicemente sostituibili da un pasto frugale (e nel nostro caso, del sesso).
Come immaginavamo il futuro 100 anni fa. Un bel post di @Will_ITA
L’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro? Ma anche
Un certo tipo di lavoro, come spiega Il Sole 24 Ore, sì. Ma per ora ChatGBT non è ancora in grado di elaborare un pensiero che non è già stato scritto (ci ho provato, non funziona), ma solo di assemblare informazioni esistenti, senza un’opinione. Le opinioni e la critica hanno ancora un futuro, alcuni editori lo hanno capito altri no.
Cose che ho scritto nel frattempo:
Di come il Beefbar di Milano stia vivendo i suoi 15 minuti di notorietà. E di come segni l'inizio di una nuova ristorazione di livello, quella delle catene top. Su Vanityfair.it
L'imperfezione come sinonimo della cucina italiana, secondo Luca Sacchi di Cracco. Una riflessione sull'estetica in cucina, body positivity e cose così ma a tavola. Su Lacucinaitaliana.it
Qui ti viene da ridere
Qui ti viene da piangere
In un articolo ci spiegano come con un Manifesto, una “confraternita di golosi nata per divulgare i valori del vino naturale, scende in campo per contrastare il divismo di alcuni cuochi e la schiavitù dei menu degustazione”. C’è chi dice no, porco mondo!, e lo fa con un sito che almeno nome omen si chiama Gastrodelirio.it (nulla di personale). Faccio autocritica collettiva sulla cucina che ci meritiamo, anche grazie al giornalismo che ci meritiamo.
Risolvere la fame nel mondo: 20 secondi inarrivabili
Ristoranti e musica di M
Cecchi me lo ripete sempre. Nei ristoranti la musica fa schifo. Quasi sempre, e ha ragione. Mesi per mettere a punto un piatto, architetti di grido, light designer, pensano a tutto, TUTTO, e poi diffondono cover bossanova di grandi successi, cliccando sulla prima playlist di Spotify. Mistero. Francesco Oggiano di cui vi consiglio la newsletter, ha ritirato fuori un articolo su Buddha Bar e su come sia nato un grande successo della mia generazione.
Il Cake design mi fa ca**re. Anche a lei
Momento Cina
Ho scoperto questo canale You Tube, di Yan, alias Little Chinese Everywhere,
Nella Season 2 va alla scoperta della Unseen China: lei è simpaticissima e i video meritano.
L’ora di ginnastica etnica
Superati oramai i 40 il mio senso di conservazione della specie mi impone di fare un po’ di attività fisica. Mai andata in palestra in vita mia, ho una soglia dell’attenzione dal Ritalin, quindi sto provando ad escogitare questo stratagemma. Workout incredibili dal mondo (etnico non si dice, ne avevo scritto qui), che vi condivido se anche voi volete provare nel vostro salotto a sentirvi cittadini del mondo.