Era una notte buia e tempestosa…. l’episodio di Materia Prima più disturbante di sempre
Di cibi che uccidono e assaggi come atti culturali. Contro "il meglio" e cambiamento climatico La newsletter dell’orrore che arriva a mezzanotte. Da leggere, ascoltare (e guardare) da soli, al buio…
Halloween è arrivato all’improvviso quest’anno perché fino ad un paio di giorni fa anche se il calendario ci diceva che eravamo in autunno, il meteo dimostrava con 30 gradi il contrario. E io che avevo deciso di fare una puntata horror ho atteso con pazienza che finalmente ci fossero nebbia, pioggia e freddo per mandarvi questo: l’episodio di Materia Prima più disturbante di sempre. Da leggere con la colonna sonora che ti fa accapponare la pelle, possibilmente a luci spente, da soli, al buio. Chiudendo bene la porta a chiave.
Qui il perché della frase di Snoopy "Era una notte buia e tempestosa”
Il cibo ci fa paura
Anni fa ho postato su Instagram una zuppa di pinne di pesce cane, così si chiama l’opera, dell’artista Lim Qi Xuan AKA @QuimmyShimmy. Risultato, unfollow a raffica e messaggi in privato di disapprovazione: “posti sempre carine e questo non è bello”, mi scrisse qualcuno. “La vita non è sempre bella”, risposi io. Ma la cosa mi diede da pensare. Era ancora l’era dell’estetica insistita e delle influencer in posa, ossia prima della body positivity, delle modelle affette da acne e dell’approccio Gen Z al diverso è bello e oggi è (finalmente) un po’ tutto cambiato quando parliamo di stereotipi sulla bellezza. Le colorate Ugly Cakes (articolo copiatissimo di cui mi fregio) spopolano, ma sul cibo invece carne sintetica e farine di insetti, farine raffinate e olive tunisine, ci insegnano che in fatto di gusto e di alimentazione il relativismo è ancora lontano. Il cibo ci fa paura, ma questa è anche una grande opportunità.
Qui quando ho provato il burger di grillo e sapeva di burger.
Qui una bella spiega di cosa significa creepy
Bello come un incidente in autostrada
QuimmyShimmy con le sue opere cute&creepy gioca proprio sull’idea di cose sia bello, cosa sia buono, sul fatto che i cinesi siano noti per mangiare qualunque cosa - la stessa roba che dicono di noi in altri Paesi riguardo a cavalli, conigli, moeche e interiora. Lim Qi Xuan espone alla Bein Art Gallery e fatevi un giro fra i loro artisti che con le loro opere non ti vogliono piacere, vogliono inquietarti. Questa contrapposizione fra terrificante e bellino ha un nome, Gurokawa, un mix fra Kawaii e goth. Creepy potremmo dire, inquientate. Come Chucky la bambola assassina, come i dipinti di Margaret Keane (l’artista del film Big Eye di Tim Burton), a cui vennero persino rifiutati i quadri per delle mostre visto l’effetto che facevano. Artisti che usano tutta la loro maestria tecnica per rappresentare figure ambigue, mostruose, intriganti, disturbanti. Che ti incollano allo schermo meglio di un algoritmo perfetto di TikTok. O di un incidente nella corsia opposta in autostrada. Inutile dire “io no”, rallentano tutti pure tu.
Pozioni da chef
Zampe di gallina, musi di maiale, teste di anatra, cosce di piccione. Mancano solo gli occhi di drago ma questa non è una pozione magica da strega bensì il menu di Noma&Co. E di molti piatti che negli ultimi anni hanno fatto il giro del web in cerca di dibattito. Volutamente disturbanti, per metterci a contatto diretto con l’atto del cibarsi di altri animali. Chef e artisti, ci “spaventano” per dirci qualcosa, innescano emozioni per dirci qualcosa: e più quel qualcosa è importante, più si spinge sull’acceleratore. Superare le paure, sconfiggere l’ignoto, andare oltre le colonne d’ercole del nostro gusto ci rende umani. “Spaventarci” nella vita è quello che ci serve per uscire un attimo dalla comfort zone delle nostre certezze. Superare la diffidenza, la paura, anche il momento di disgusto, è un’opportunità di crescita.
Perché siamo attratti da cose che (se reali) riterremmo orribili?
Da bambina solo un trailer di Zio Tibia mi faceva passare le notti insonni, ad un certo punto ho cominciato ad amare i film dell’orrore. Zombie, in particolare. Evito le montagne russe, non dormo a luci spente, non scendo in cantina da sola perché si sa come va a finire. Ma amo i film dell’orrore perché mi terrorizzano, letteralmente. Mi copro gli occhi, inveisco contro i protagonisti mentre scelgono nell’ordine di: prendere la scorciatoia nel bosco, andare a vedere da dove viene quel rumore, rispondere al telefono nel cuore della notte. Ne ho visti decine, comprati all’epoca nella cineteca di genere Bloodbuster. Vecchi e nuovi perché il cinema horror in realtà è sempre esistito, dai primi cortometraggi muti di Georges Méliès. Correva l’anno 1896, Edgar Allan Poe scrisse Il pozzo e il pendolo ancora prima, Stephen King un secolo dopo ha venduto milioni di copie. Libri che mentre li leggi hai paura di girare pagina. Un po’ come le fiabe dei fratelli Grimm.
Ci sono paure reali che oggi lo sono meno di ieri
Anche solo nel secolo scorso, la morte era molto più vicina, quotidiana, probabile, fra guerre e mari in tempesta la letteratura è un’ecatombe. I bambini nei cartoni e nei libri di quarant’anni fa erano tutti orfani, i padri morti in guerra, le madri di parto, era tutto un vivere con i nonni o nei collegi, di stenti. Le fiabe insegnavano ad esorcizzare, ad aver paura per tenersi lontano dai pericoli: spirito di conservazione. Poi ci sono le paure irrazionali, le fobie, e tutta una gamma di topologie di terrore, fino al più estremo, quello che non riusciamo a spiegarci.
“I 3 tipi di terrore: The Gross-out: la vista di una testa mozzata che cade da una rampa di scale, è quando le luci si spengono e qualcosa di verde e viscido schizza contro il tuo braccio. L'orrore: l'innaturale, ragni delle dimensioni di orsi, i morti che si svegliano e camminano, è quando le luci si spengono e qualcosa con gli artigli ti afferra per il braccio. E l'ultimo e peggio: Terrore, quando torni a casa e noti che tutto ciò che possiedi era stato portato via e sostituito da un sostituto esatto. È quando le luci si spengono e senti qualcosa dietro di te, lo senti, senti il suo respiro contro l'orecchio, ma quando ti giri, non c'è niente lì...”
― Stephen King
Nel cibo c’è la paura irrazionale del progresso, c’è anche la tendenza ad assolutizzare i propri gusti, personali, culturali, e categorizzare come disgustoso tutto quello a cui non siamo abituati. Gli insetti ci disgustano, vivi e morti. A questa latitudine. Da altre parti l’idea che mangiamo però lumache striscianti, gamberetti o granchi è ugualmente (a ragione) ripugnante. Ma dicendo che “è diverso” invochiamo una specie di supremazia culturale basata solo sulla poca conoscenza del prossimo.
Diffidare da chi bene solo Borgogna
Quello che oggi ci fa così schifo è il prodotto della nostra epoca e della nostra cultura. Quello che consideriamo buono, socialmente accettabile, popolare o elegante, è solo determinato dal tempo, il luogo, l’estrazione sociale, l’educazione che abbiamo ricevuto. Da una tazzina di caffè ad una merendina, il gusto personale è relativo, anche se fai il “critico gastronomico di mestiere”.
Ci sono paramenti oggettivi per misurare e capire se quel prodotto è fatto meglio o peggio di un altro, con tecniche, ingredienti, competenze più o meno ricercate. Però poi c’è il gusto personale, e sfugge a questi parametri. Nonostante negli anni a forza di cercare di capire che cosa fosse fatto meglio sono diventata piuttosto “picky”, una selezionatrice seriale, bevo anche Coca Cola, vado nei fast-food e assaggio ogni cosa io non abbia mai mangiato o mi desti una qualsivoglia curiosità. Anche le merendine del supermercato. Diffido invece da chi dichiara di bere solo Borgogna, mangiare solo salmone pescato Alaska e il formaggio dell’ultima capra albina autoctona munta da vergini scalze in una notte di plenilunio. Prodotti fantastici, ma la ricerca del “meglio” ad ogni costo mi sembra alla fine una trappola uguale al considerare il cibo degli altri peggiore del tuo, anzi inferiore. Professionalmente, e vorrei dire anche culturalmente, non sapere di cosa sa un panettone Bauli (il più venduto del Paese) e mangiare solo lievitati 96 ore artigianali da 55€ mi sembra assurdo. Da quanto ho diritto di voto credo con la mia preferenza di non aver mai superato il 9%, negli anni d’oro, quindi cosa sia essere una minoranza mi è molto chiaro. Ma avere le tue idee non ti preclude dal conoscere, capire e confrontarti quelle degli altri soprattutto se “gli altri” sono la maggioranza e quelli che vorresti convincere del tuo punto di vista…
Il primo episodio de la famiglia Addams è stato mandato in onda nel 1964. Un mondo al contrario in cui le rose erano belle per le spine, un paradosso che ti metteva a confronto con la biodiversità umana, per fartela amare. Il mondo al contrario del generale Vannacci parte dall’idea che lui è quello dritto, e tutto il resto, il diverso, quello che non capisci e che ti spaventa, è sbagliato e inaccettabile.
Guardare un horror, chiudere gli occhi per lo spavento, è come decidere di mangiare un piatto che pensi non ti piacerà, è un atto di conoscenza. Per sfidare con un brivido quello che sai già, uscire dalla comfort zone e aprirti al nuovo. Ti rende un essere umano migliore, basta un boccone. Il cibo degli altri (chissà poi cosa questo significhi) andrebbe fatto provare a scuola, insetti inclusi.
Ascoltate sto podcast sul latte per farvi rivoltare le budella.
Il cibo uccide
Nel caso la ragione non riesca a farci accettare la diversità come ricchezza, o anche solo come dato di fatto, di solito ci si appella alla sicurezza. Anche in campo alimentare. Non sono razzista, è che potrebbe portare malattie/non essere conservato bene/non mi fido/chissà da dove viene/loro non lo fanno come noi/non lo digerisco. Se pensi che gli insetti facciano schifo e che la carne sintetica sia il male da combattere, sappi che vent’anni fa il pesce crudo di nigiri e sashimi era considerato una roba orribile, e che in molti ancora lo pensano fra gli over 70 e in 3/4 dell’Italia. E comunque forse hanno ragione, ho ripescato così questo vecchio articolo sul cibo assassino e i film di genere a tema food horror: il sushi effettivamente può uccidere.
La lista dei film più spaventosi di sempre
Ogni anno c’è uno studio che esce proprio in tempo per Halloween che si chiama “Science of Scare“, la Scienza della paura, e classifica i film horror più orribili di sempre misurando battito cardiaco e livello delle urla di 250 spettatori. Anche quest’anno il peggio (o il migliore) resta Sinister, anno 2012 (l’ho visto e non mi era sembrato così spaventoso). Quelli più vecchi, i grandi classici, non ci fanno più così paura non per assuefazione ma perché per creare un brivido e accrescendo il nostro stato di eccitazione abbiamo bisogno di visualizzare situazioni contemporanee, il più possibile verosimili (questo secondo uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Turku, in Finlandia).
Pumpkin spice latte e cambiamento climatico
Il cibo è vita. È anche morte. In America è normale servire un buffet dopo un funerale, a Sud in alcune zone dopo un lutto si riceve il “consolo”, cibo offerto da amici e famigliari. Purtroppo i funerali sono sempre stati più dei matrimoni e con i morti c’era una relazione molto più stretta e “normale”. Alla fine Halloween, zucche e caramelle, sono solo l’ultima versione dei culti dei morti che si sono susseguiti, e hanno sedimentato Pan dei Morti, Ossa dei Morti, Pan de muertos, torte di zucca… Tutti i sapori dolci e speziati che accomunano mezzo mondo e che ritroviamo puntuale come un orologio sin da settembre in tutti gli Starbucks: il pumpkin space latte. Solo che da un paio d’anni a questa parte da caldo è diventato freddo, anzi ghiacciato.
In una interessante mostra Everybody talks about the the weather alla Fondazione Prada di Venezia ho ripercorso l’influenza sul clima sulle espressioni artistiche e culturali della contemporaneità. Dipinti di canali gelati, pattinatori, mari in tempesta, romanzi come Dracula e Frankenstein sono stati scritti tutti durante la Piccola Era Glaciale (14°-19° secolo), anzi entrambi nell’Anno senza estate (1816). Un periodo storico così infausto da punto di vista climatico da aver fatto scaturire pestilenze, carestie, la caccia alle streghe, crimini violenti e fenomeni sociali dovuti alla ricerca di un capro espiatorio e al bisogno di sfogare la propria rabbia. Il clima è anche alla base del mood pessimismo e fastidio tipico del Romanticismo, in cui il genere horror l’ha fatto da padrone. Mi chiedo come queste estati senza fine questi anni senza inverni avranno esiti incredibili anche nel modo in cui rappresentiamo la nostra esistenza e in quello che resterà agli annali. Marco Ambrosino recentemente ad un incontro ha detto che probabilmente leggendo gli articoli di quest’ultimo anno penseranno che “mangiavano toast ripieni di pasta in bianco cotti alla brace”. Ho riso tantissimo, a denti stretti. Però è vero, la possibilità di mangiare zucchine e pomodori anche in inverno ha già cambiato le nostre diete, le verze non gelano più bene per fare la cassouela (come vuole tradizione), beviamo molto meno vino rosso etc etc. Altro che menu autunnali in ritardo nei ristoranti stellati e crisi dei campi di zucche in cui farsi i selfie.
Epitaffi da Osho
Oramai ha fatto il giro del web ma la storia della donna in Alaska che passeggiando fra le tombe ha scoperto che la gente ci scriveva sopra le ricette, è sempre divertente. In realtà sulle tombe ci scrivono i propri hobby e quello che li ha caratterizzati di più. Cercando online ne ho trovati di migliori comunque delle ricette. Filosofi e politici hanno lapidi bellissime che mi viene voglia di pensare a cosa vorrei scriverci io.
Mai nato, mai morto. Ha solo visitato il pianeta terra tra l’11 dicembre 1931 e il 19 gennaio 1990. Osho
Non so che cosa scriverebbe lui, l’uomo che cucina nei bagni, degli hotel. Attenzione agli stomaci deboli, a me fa vomitare anche se non c’è nulla di così mostruoso. Ma a volte la realtà supera la fantasia.
Film a tema horror gastronomico
Sweeney Todd: il barbiere di Fleet Street. Aspettate il momento in cui lei canta waste! waste!
Cooties (guarda gratis qui)